Agitu Ideo Gudeta: hanno ucciso un sogno

Abbiamo ascoltato la sua storia. Le abbiamo fatto i complimenti. Siamo stati fieri di lei.

Per lei abbiamo avuto paura.

Lei, che era una donna colta, bella e che parlava l’italiano meglio di molti di noi, ci ha raccontato la sua storia. L’Etiopia lasciata, gli studi a Roma, il rientro in patria per difendere i “suoi” pastori dalle arroganze delle multinazionali; il ritorno in Italia, perché in Etiopia aveva dato fastidio a troppi, e la decisione di allevare capre, in Trentino.

Ha accettato i complimenti per la sua impresa, per quell’allevamento e caseificio che dava lavoro anche a rifugiati, che faceva formaggi buonissimi e allevava “capre felici”.

Ha accolto con un sorriso bellissimo il premio “Resistenza Casearia” che Slow Food le ha assegnato a Cheese 2015.

Nel 2017 è stata una delle storie che l’Unità, il giornale per il quale allora lavoravo, ha scelto di raccontare, l’8 marzo. Una storia di riscatto, titolava.

Ma ogni volta che ha potuto lei ha ripetuto, ci ha ripetuto, che era in pericolo. Ha raccontato delle aggressioni, dell’isolamento del luogo in cui viveva e lavorava, per cui le forze dell’ordine, se anche chiamate, non potevano arrivare prima di un’ora o due; e le sue denunce per essere accolte richiedevano la “flagranza di reato”. Sicché nulla poteva essere fatto. Ci ha detto che non se la prendevano solo con lei, ma anche con i suoi animali, glieli spaventavano, sguinzagliando cani o passando con moto rumorose vicino ai pascoli o ai recinti. Ha detto della tensione continua in cui viveva. In ogni occasione, in ogni intervista, lo ha ripetuto.

E noi abbiamo avuto paura, ogni volta. Perché sentivamo la violenza di quelle azioni, di quelle mani ad aggredirla, di quelle parole (“qui non ti vogliamo”); e anche la violenza di una comunità silente, di autorità rassegnate, apparentemente, ad attendere il peggio perché incapaci di prevenirlo, proteggendola.

Eccoci, al peggio: Agitu è morta, è stata ammazzata in casa propria, nelle sue montagne, nel suo – suo – Trentino.

Agitu e il suo sorriso sono scomparsi per sempre dalla faccia di questa terra. Per colpa nostra che abbiamo ascoltato, ci siamo inorgogliti, ci siamo spaventati. Ma poi non le abbiamo fatto da scudo, non ci siamo messi tra lei e il male.

Oggi tutti quelli che hanno storie simili alla sua, che stanno provando a dar forma a un sogno lontano dal proprio paese, quelli che ci stanno provando in Italia, quelli che ci stanno provando in Trentino sanno una cosa in più: sanno che provare a dar forma ai sogni, qui, è pericoloso perché si rischia di morire. Sanno che forse è meglio lasciar perdere, è meglio non provarci nemmeno.

Specialmente se sono donne, colte e nere.

E tutti noi che abbiamo ancora un barlume di civiltà a farci da guida sappiamo che purtroppo no, non viviamo in un paese civile.

Agitu Ideo Gudeta, non ti sarà lieve la terra, perché non era la terra che volevi. Volevi l’aria che respiravi, il lavoro dei tuoi muscoli e del tuo cervello, la storia che già avevi vissuto e quella che avevi intenzione di inventare, un giorno dopo l’altro, raccontandola a tutti, perché tutti potessero ispirarsi.

È tutto questo che hanno ucciso.

Ma la terra che coprirà la tua bara, soprattutto, non sia lieve a noi: fino a quando il modo in cui sei morta non sarà chiarito e fino a quando i responsabili non saranno puniti, possa, quella terra, pesare su ogni nostro respiro.

C’era un’ospite in casa nostra e qualcuno l’ha uccisa. Ci riguarda.

 

POST SCRIPTUM : Questo pezzo è stato scritto prima che il dipendente di Agitu venisse indagato e che confessasse il delitto. La storia di Agitu è e rimane quella di una donna costantemente minacciata per ragioni razziali, al punto che uno dei responsabili di questo tipo di molestie e minacce ha anche portato a casa una condanna a 9 mesi. Ma, dal punto di vista tecnico-giuridico, Agitu non è morta per queste ragioni, e il mio mestiere è – anche – quello di raccontare i fatti, per cui adesso aggiungo queste righe. Agitu – per quel che ne sappiamo ad ora – è morta per uno stipendio non pagato nei termini previsti. Tuttavia, il fatto che sia stato un suo dipendente ganese, ad ucciderla non è, per me, motivo di “sollievo”. Non mi solleva il fatto che fosse “solo” una questione di soldi. Non mi solleva il fatto che l’assassino non sia italiano. Anzi, mi induce ad ulteriori riflessioni su quanto, in troppe culture, sia facile uccidere una donna; su quanto numerosi siano i motivi sufficienti ad un uomo per risolvere un problema con una donna togliendola di mezzo per sempre; su quanto tutto ciò sia frequente nel nostro paese, su quanto bisogno ci sia di riconsiderare il modo in cui ci occupiamo degli altri, sempre e tutti, come privati, come società civile e come istituzioni.

8 risposte a “Agitu Ideo Gudeta: hanno ucciso un sogno”

  1. Non ci credo.
    Non posso crederci.
    Robe veramente da pazzi, da veri pazzi.
    Che dispiacere.
    Dove ci hanno portato questa manica di miserabili che predicano, ed incitano, l’odio verso lo straniero ed il diverso.
    Sti poveracci che si ritengono superiori ad altre persone solamente perchè non sono originari dello stesso paese, che, sono sicuramente limitati nelle loro capacità mentali, ma sono diventati tanti e tanti sono quei cialtroni che continuano a fomentarli per i loro miserabili tornaconti da persone incapaci ad affermarsi con meriti propri.
    Ma non posso non crederci, è successo realmente, è vero, cavolo, è vero.
    La incontrai a Terra Madre, a Torino.
    Agitu, un solo peccato, non avere avuto il piacere di conoscerti e frequentarti.
    Agitu, a te un saluto assieme a tutti i testardi e risoluti sognatori romantici da Stefano, uno Stefano qualsiasi.

    1. Stefano capisco la tua collera, che è anche la mia. Ma al momento c’è la confessione di un suo dipendente ganese, e quindi le ragioni razziste direi che sono fuori discussione. Tuttavia la protezione che le è mancata resta, e il dolore per questa perdita non si consola.

      1. Sì, è un sollievo sapere che non si sono superati questi limiti e che il razzismo questa volta è estraneo.
        Rimane immutato il dispiacere, ed anzi. fa riflettere ancora di più.
        Fa molto riflettere sulle situazioni a cui ci si può ritrovare quando hai bisogno di aiuto in aziende agricole dove il livello del lavoro richiesto è scarsamente qualificato e ci si può ritrovare davanti a persone problematiche rifiutate dagli altri settori

  2. Provo un senso di vergogna profondo. Ammazzare l’innocenza è un macigno sulla coscienza di tutti. Non c’è assoluzione che tenga il peso di quella terra.

    1. Nicola, grazie. E’ stata uccisa, pare, in una lite per questioni di soldi, da un suo dipendente. Ma il bisogno di pensiero che abbiamo su quanto sia facile, per una donna, morire uccisa in Italia, non cambia.

  3. Sono allibita e sconcertata. Il DIO Denaro, purtroppo, prevale su tutto e su tutti

  4. subito non ci volevo credere, poi dolore e rabbia. e poi , più tardi nella notte, la certezza che non abbiamo saputo difenderla. e leggo qui le stesse parole, lo stesso pensiero. Lei è stata uccisa, non m’importa da chi in fondo, mi resta lostesso sentimento di omissione. e su questo vorrei che potessimo cambiare, a cominciare dalla sua morte, un modo per renderle onore

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