Come facciamo a parlare di bullismo ai ragazzi?
Che siano bulli o bullizzati, come facciamo a parlare male del bullismo ai ragazzi?
Come possiamo dire, ai ragazzi bullizzati, che i veri eroi sono loro, e a chi che bullizza che ha un problema?
Con che faccia?
Con che faccia glielo diciamo, se negli Stati Uniti c’è un super bullo che ha condotto con successo prima la campagna elettorale, poi il suo mandato presidenziale e ora con lo stesso atteggiamento sta gestendo il proprio disappunto per la sconfitta?
Non ha trovato ostacoli lungo la sua strada, come non ne trovano i bulli, perché piacciono o perché fanno paura, il risultato non cambia: trovano conferma di sé e continuano, fino a quando succede un disastro, di cui non si prenderanno le responsabilità. Non ammetteranno mai di aver dato il via alla concatenazione di eventi che ha portato a qualche gesto disperato.
Rompere il giocattolo
Con che faccia diremo ai ragazzi che il bullismo non va bene se nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria, economica e sociale c’è (almeno) un bullo nella compagine del nostro governo che sta cercando ormai da mesi di rompere un giocattolo per il semplice fatto che il giocattolo non è suo o che le regole del gioco non le può fare lui (per poi eventualmente cambiarle come gli pare)?
Se ci dovesse riuscire dirà che il giocattolo non l’ha rotto lui, che già non funzionava e lui lo aveva ripetuto tante volte ma nessuno gli ha dato ascolto. Se non ci riuscirà continuerà a provarci tirando fuori dal sacco problemi inesistenti e presentandoli come cruciali. Il che significa che continuerà a non occuparsi dei problemi cruciali – cosa che sarebbe nei suoi doveri dato che fa parte della maggioranza – e se le cose non andranno a meraviglia – e non possono andare a meraviglia, perché siamo nel mezzo di una pandemia – troverà nuove occasioni per dire che il giocattolo va buttato via.
I megafoni li assecondano
Con che coraggio diremo ai ragazzi che i bulli sono delle nullità, dei disadattati, se nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria, economica e sociale, uomini e donne dell’opposizione che invece di pensare al lavoro che c’è da fare – al bene di tutti, che è esattamente il motivo per cui esiste la politica – si svegliano ogni mattina solo per dire che ora tocca a loro governare, che bisogna andare al voto e chi se ne frega se non è di questo che c’è bisogno adesso? E trovano sempre un megafono a loro disposizione, esattamente come succede ai bulli, perché nelle loro manovre c’è anche il fatto di far credere a molti che se non ti occupi di loro allora sei uno sfigato?
Se non siamo i bulli, siamo i bullizzati
Ma soprattutto: riusciamo ancora a capirlo quando veniamo bullizzati? Riusciamo noi, persone qualsiasi che cercano di fare il proprio lavoro al meglio e provano, con toni accettabili, a interagire col prossimo e a capire qualcosa di quel che succede, riusciamo ancora, noi, a percepire di essere bullizzati?
Se ci siamo assuefatti, se nemmeno lo vediamo più il bullo che si agita davanti a un microfono, o in un parlamento, o in uno studio ovale, allora è finita.
Ma se così non è, se non ci siamo assuefatti, allora il punto è questo: se non siamo i bulli, siamo i bullizzati.
Che i bulli si accaniscano su di noi, sui nostri amici o sulle nostri istituzioni, non importa.
Se non siamo i bulli, siamo quelli che li devono bloccare.
Siamo quelli che devono dire, dire, dire fino allo sfinimento che non si fa così.
Siamo quelli che devono andare, il 20 di gennaio, a migliaia, centinaia di migliaia, davanti alla Casa Bianca, per proteggerla, come fecero i cittadini del Cairo nel 2011 per impedire i saccheggi del Museo Nazionale.
Siamo quelli che devono proteggere, con rigore e senso critico, il governo che si è trovato a gestire questa pandemia. Un governo che – con tutti gli errori che può aver fatto – oggi non ha certo bisogno delle crisi di nervi di chi si cruccia per non essere al centro del palco, o di chi, sentendosi libero da ogni responsabilità, vuole passare il tempo a far le pulci a chi invece le responsabilità se le è prese.
Siamo tantissimi
Noi, cittadini del mondo bullizzati con ogni mezzo e ad ogni latitudine dobbiamo pretendere che si fermi questa follia. Dobbiamo essere e costruire società di persone che sappiano leggere, scrivere, proteggere, comprendere e consolare, istituzioni che si occupino di chi non ce la fa, potenziali bulli inclusi.
Ognuno inizi da dove gli pare, il lavoro da fare è talmente enorme che andrà bene tutto. Non importa quale pietra raccogliamo, quando la città è ridotta a un cumulo di macerie. Cominciamo a fare qualcosa, spolveriamo il pezzettino di mondo che abbiamo accanto. Difendiamone un pezzetto. Scrivendo, votando, scendendo in piazza, andando a lavorare, eventualmente anche tacendo o cambiando canale, ma meglio se troviamo un sistema che ci mette in relazione con gli altri.
Noi bullizzati abbiamo molta più pazienza dei bulli. Siamo più costanti, più disciplinati, più spaventati per noi e per quelli più deboli di noi.Siamo preoccupati e abbiamo progetti, nonostante la stanchezza. Siamo lucidi e onesti.
Ma soprattutto: siamo moltissimi, siamo enormemente più numerosi di loro.
Facciamoli smettere.
Carissima Cinzia ,
ancora una volta ,con le tue preziose riflessioni,hai evidenziato tutte le vessazioni quotidiane a cui siamo sottoposti e per le quali non ci indigniamo neppure anche perché siamo stanchi di protestare sempre da soli e inascoltati.Grazie davvero!Abbiamo bisogno di persone come te!
Grazie a te. E non stanchiamoci. 🙂
Scusate, ma alla sig.ra Scaffidi, non viene in mente che i bullizzati siano Renzi e le ministre di IV, visto che Conte non li ha mai considerati come partner di pari dignità politica?
Rifletta.
camillo
Rifletto sempre volentieri, specialmente se mi viene consigliato con toni tanto amabili. Grazie