CARA MONICA – Terra Madre è il futuro

Cara Monica,

hai presente i messaggi privati su Linkedin? Per lo più sono inviti a corsi di formazione o comunicati stampa. L’altro giorno, invece, un mio nuovo contatto di Linkedin ha scritto:

«“Vous respirez miuex maintenant, n’est pas?”… Micromega 2004… Di questi tempi una domanda del genere ti entra nel cuore come una palla di cannone… I contenuti di quegli articoli dovrebbero essere parte integrante di un nuovo asset costituzionale planetario. A breve avremo fame e proveremo vergogna. Oggi Terra Madre è passato, presente ma sopratutto futuro. Grazie Cinzia».

Citava un mio vecchio pezzo, uscito, per l’appunto, su Micromega più di 15 anni fa, dopo la prima edizione di Terra Madre. Gli ho espresso, commossa, la gratitudine che effettivamente in altri tempi riserverei a chi mi offrisse un pacchetto azionario di Tiffany e gli ho risposto che probabilmente no, io e lui non avremo fame ma forse comprenderemo meglio la fame degli altri.

Tutto questo cucinare servirà

E’ vero, tanti si son dati ai fornelli, e penso siano sono molti più di quelli che postano poi i risultati. Credo che tanti piatti risultino ben al di sotto delle aspettative, ma poi ci riprovano. Il video di De Luca che invita i Campani a stare a casa e fare la pastiera è significativo. «State a casa e imparate a cucinare, dice, come facevano le nostre nonne. Imparate a fare la pastiera». Poi, il suo tocco da maestro: «Non ho l’audacia di dirvi ‘mangiatele pure, dopo’: almeno le prime saranno una zozzeria, ma vedrete che dopo i primi esperimenti, (…)».

Dalla mia prospettiva appare positivo questo furore culinario, perché da questo riavvicinamento al fare può passare la nostra riconnessione al valore del cibo, che è una di quelle cose che non si possono studiare solo in teoria. Di teoria ne serve molta, ma poi bisogna anche sapere cose pratiche: devi saper fare, cioè coltivare e cucinare; devi distinguere i sapori per capire quando le cose sono di qualità e quando no, se la frutta è stata raccolta quando era matura o se invece la raccolta è stata anticipata per permettere un lungo trasporto; devi sapere cosa si coltiva dove e quando; devi sperimentare quanto tempo ci vuole per portare a termine una produzione, quanto lavoro e quanta fatica; devi aver vissuto, facendo il pane, la relazione con quella massa che lievita e profuma d’infanzia, per capire quanto bisogna essere bravi, per non tirare fuori dal forno un’entità il cui peso specifico la rende, semmai, perfetta come fermaporte.

«I pesci dovrebbero costare come i diamanti»

Anni fa ho accompagnato in un viaggio didattico in Sicilia un gruppo di studenti di Pollenzo. Una notte siamo usciti in mare con pescatori di acciughe. Ci siamo imbarcati verso le 22, e siamo rientrati in porto verso le 7 del mattino. Una nottata difficile, un paio di tonni gironzolavano intorno al peschereccio, spaventando le acciughe che si disperdevano. I pescatori sempre più depressi e arrabbiati, i ragazzi sempre più dispiaciuti, per loro e per sé stessi. La stanchezza, il freddo, l’umidità, il rumore del motore che intontisce. Ad ogni tentativo andato a vuoto (si cala un barchino con una lampada, si prova, si ritira tutto) l’umore di tutti andava un po’ più giù. Quando siamo sbarcati uno dei ragazzi, sfinito, mi ha detto: «Dovrebbero costare come i diamanti, i pesci».

Se anche tutto questo affaccendarsi in cucina producesse quest’unico risultato, avremmo un motivo in più per ringraziare il Coronavirus, perché ci avrebbe permesso di diventare consumatori più attenti, cittadini consapevoli delle connessioni tra i mille equilibri che è responsabilità di tutti mantenere. Vorrei sapere se tra coloro che in queste settimane impastano, infornano, tagliano, cuociono sta crescendo il rispetto verso chi lo fa di mestiere. A quanti di loro sta venendo in mente che se i prezzi del cibo sono troppo bassi, c’è qualcosa che non va, qualcuno (noi compresi) che ci rimette. Terra Madre è il futuro.

E poi c’è la fame

Un’altra cosa che spero succeda grazie a questa quarantena a forte trazione culinaria è che impariamo quanto tempo serve davvero per fare le cose. Il sugo si fa meno di mezz’ora, e se lo facciamo noi, scegliendo una passata fatta come dio comanda, decidendo quanto sale e quanto (e quale!) olio extravergine di oliva usare, costa parecchio meno del sugo pronto dei supermercati. Una gestione sensata della propria alimentazione non richiede di passare 3 ore al giorno davanti ai fornelli, come si faceva nel dopoguerra, ma nemmeno i 10-12 minuti (per 3 pasti!) della media attuale.

Poi c’è la fame. Che, nella nostra visione, è sempre stata in paesi o in ambiti sociali lontanissimi da noi. Invece eccola qui, è quella dei vicini di casa, o poche strade più in là, gente di cui si fa fatica a dire “sono lontani”. La fame vicina ci interroga e ci chiede come abbiamo intenzione di renderci utili. In tanti rispondono con affetto, rispetto e creatività e senso di comunità, un altro punto a favore del Virus e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

Gli invisibili stanno diventando visibili, e questa è un’altra buona notizia: oltre a quelli che hanno fame, ora finalmente vediamo anche i ricercatori pubblici, medici, gli infermieri, gli agricoltori, i cuochi, i riders. Tutti dicono: ci trattano meglio, le persone ci parlano con maggiore rispetto.

Quelli che erano tanto visibili, invece, si fa fatica a scovarli. Per esempio, gli economisti. Dove sono, che pensano? Proprio ora che c’è bisogno di ripensarla, questa economia, sono più introvabili dei taxi quando piove. Tu che “sei nel ramo” sai per caso dove si sono cacciati?

A presto
Cinzia

4 risposte a “CARA MONICA – Terra Madre è il futuro”

  1. giampiero obiso dice: Rispondi

    A volte in posti insospettabili. Ad Amsterdam, per esempio, è finita Kate Raworth, l’autrice di Doughnut Economy, a lavorare con la municipalità per un nuovo piano di sviluppo sostenibile. Qui il link https://www.theguardian.com/world/2020/apr/08/amsterdam-doughnut-model-mend-post-coronavirus-economy

  2. Bene, anche se in realtà lei è una di quelle che l’economia la sta ripensando da un bel po’. Mi chiedevo dove son finiti quegli altri, quelli duri è puri de “il mercato si ripara da sé”, et similia…

  3. Lo ho scoperto da tanto. Però questi giorni di quarantena li sto passando in campagna e sono sempre esterrefatta, ogni volta che vengo qui, di come il cibo sia infinitamente migliore, di come cambiano i sapori, di come qui il passo è davvero Slow. Ne sono così conquistata che sogno di restarci per sempre. Ogni mercoledì i contadini portano a domicilio uova, verdura frutta, si ordina su internet, loro raccolgono quelle dei campi e arrivano qui, per noi è l’evento della settimana.

    1. Benvenuta Stefania, grazie. Proviamoci, proviamoci davvero, a tener vivo tutto questo, non foss’altro che per farlo asseggiare anche ai bambini di oggi, e a quelli che arriveranno.

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