Meglio se non ti fai vedere

L’Orchestra Filarmonica di New York, per la prima volta nella sua lunga storia iniziata nel 1842, ha più orchestrali donne che uomini. Per la precisione ci sono 45 musiciste e 44 musicisti.

Non è successo all’improvviso, ovviamente: si è iniziato con zero donne e tutti uomini, e ancora 60 anni fa le donne erano solo 5.

Un percorso comune a tanti ambiti, si dirà, non è – nel merito – una notizia straordinaria.

È vero. La straordinarietà, infatti, sta nel metodo.

L’accelerazione che ha portato al sorpasso delle donne sugli uomini è infatti avvenuta da quando per colmare i posti vacanti la dirigenza ha iniziato a fare le audizioni senza poter vedere chi suonava. Un paravento impediva ai giudici di sapere se la musica che ascoltavano proveniva dalle mani e/o dal fiato di un uomo o di una donna, così come impediva di vederne il colore della pelle, l’aspetto fisico, l’età dimostrata.

Dimmi chi sei senza dirmi chi sei

Pare che stia crescendo il numero delle aziende che non consente ai selezionatori di vedere, sui curricula, i dati anagrafici dei candidati, affinché scelgano solo sulla base del merito senza lasciarsi influenzare da altri “dettagli”.

E pare che in questo modo le assunzioni di donne stiano aumentando.

Non è una notizia completamente buona. L’idea che sia meglio per noi se non ci vedono, se non si accorgono che siamo donne, mi mette a disagio. Il fatto che i nostri talenti, le nostre competenze, le nostre capacità hanno più possibilità di essere valutati serenamente se nascondiamo i nostri corpi mi imbarazza.

Mostrarsi, non mostrarsi

In tanti paesi le donne non si “possono” far vedere. Devono coprirsi il capo, il volto, il corpo. Devono annullare la fisicità del loro essere donne, ma proprio per questo diventano visibilissime e quindi molto facilmente individuabili e controllabili.

In tanti paesi, invece, le donne quasi non possono coprirsi. Un “dress code” non scritto impone in determinate situazioni (festival, cerimonie, eventi vari) scollature vertiginose, trucchi appariscenti e quanti più possibile centimetri di pelle esposta.  

Mostrarsi o non mostrarsi, apparire o non apparire, farsi notare o non farsi notare è sempre stato il tema chiave della vita femminile. Confinate nei matronei delle sinagoghe, mal tollerate nelle moschee, invitate a coprirsi il capo – e a coprirsi in generale –  nelle chiese, escluse dalle graduatorie accademiche fino a poco tempo fa, interrotte durante le riunioni di lavoro mediamente 8 volte più dei colleghi maschi.

Se ci cercate siamo là

Le vie della parità di genere sono tortuose. Per riuscire ad “emergere” come professioniste, artiste, lavoratrici in generale, pare che oggi sia meglio nascondersi. Va bene. Proviamo anche questa, anche perché al momento sembra funzionare.

Ma se le audizioni e i colloqui “alla cieca” funzionano è perché c’è ancora parecchio lavoro da fare sui giudici e sui selezionatori di “risorse umane” in generale. Quindi, va bene il paravento, per ora, ma ricordiamoci che è chiaramente uno strumento di sostegno per una società che ha un deficit da colmare.

Il paravento è un attrezzo che serve per allenarsi a pensare alle donne innanzitutto come persone, titolari di diritti. Serve a costruire sistemi sociali e lavorativi equi. Quindi ok, trovate il modo che vi renda più semplice superare i vostri pregiudizi. Per adesso va bene così.

Poi, però, se ci cercate, sapete dove trovarci. Siamo là, dietro il paravento. 

 

(Foto: Rosmeri Scaffidi)

Una risposta a “Meglio se non ti fai vedere”

  1. Margherita Testa dice: Rispondi

    Concordo: è un passo in avanti su una strada ancora lunga.
    Ricordo che le prove scritte, in genere dissertazioni, di coloro che concorrevano per un posto nella scuola – docente o dirigente – venivano lette e valutate dalla commissione giudicatrice con giudizio collegiale subito verbalizzato, senza conoscere nulla dei loro autori.

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