Per una Politica Scolastica Europea

(Lo dico piano, se no mi prendono per pazza, ma mi piace così tanto pensarci che non voglio negarmi il piacere di scriverne).

Non sarebbe bello avere delle politiche europee per l’educazione?  Non intendo qualche programma o qualche “linea” di finanziamento. Né gli Erasmus, che pure sono importanti: in qualche modo questa Europa la stanno costruendo anche quegli scambi.

Vorrei che tutti i bambini europei, quando iniziano la scuola dell’obbligo trovassero le stesse regole, gli stessi standard, le stesse opportunità. Ovviamente quello che mi sto augurando è un livellamento verso l’alto, non chiedo certo che i bambini finlandesi si ritrovino in scuole come quella di “Io speriamo che me la cavo”. Mi piacerebbe che tutti gli insegnanti d’Europa dovessero prepararsi con gli stessi livelli di difficoltà ed avere la stessa qualità di competenze. Mi piacerebbe che si decidesse come devono essere gli edifici che ospitano le scuole, di quante persone devono comporsi le classi e come devono essere fatti i banchi, le cattedre, quali tecnologie devono essere disponibili.

I ministri europei dell’istruzione si incontrano?

Ogni volta che i ministri dell’Economia dei paesi europei si riuniscono per decidere delle linee comuni, i giornali ne danno notizia. I ministri dell’Istruzione non si riuniscono mai? Non hanno bisogno di confrontarsi? Non sentono il bisogno di capire come funziona nel resto d’Europa il settore di loro competenza? E se invece si riuniscono e sono io che non lo so, perché non se ne dà notizia? Di cosa parlano?

Io vorrei che si mettessero insieme dei “Consigli”, delle squadre composte da docenti, dirigenti, famiglie e studenti per trovare le soluzioni ai problemi che innegabilmente abbiamo. Ma se qualche altro paese quelle soluzioni le ha già trovate e funzionano, perché non vengono adottate anche dagli altri?

Sappiamo più o meno come funzionano i settori chiave degli altri paesi, o per lo meno è facile trovare informazioni: se vogliamo sapere come funziona il fisco in Germania, il sistema giudiziario in Spagna o la situazione delle industrie in Francia, non facciamo grande fatica. Sappiamo che esiste la PAC, la politica agricola comune, che sia pure con un bisogno estremo di una radicale riforma, è il modo in cui l’agricoltura europea viene coordinata.

Perché della scuola non si sa nulla? Perché tutto viene affidato al ministro di turno che, apparentemente, si occupa solo del suo ambito nazionale e, per lo meno nel nostro paese, sembra che ogni volta debba riscrivere il mondo da capo?

L’esame di Stato, ossessione ministeriale

Ad ogni cambio della guardia i ministri dell’istruzione in Italia hanno una sola impellenza: modificare l’esame di maturità. E’ una fissazione, una mania che non si sa come spiegare. I 13 anni precedenti quel momento non vengono minimamente presi in considerazione, ma sull’esame di maturità non si tengono, devono segnare il territorio, come gatti maschi sgattaiolati nel salotto buono. Francamente, peraltro, con risultati spesso altrettanto apprezzabili.

Lei resta e lavora

Ho un grande rispetto per l’attuale ministra dell’Istruzione. Ha una formazione solida e una resistenza agli urti che suscitano in me sincera ammirazione. Si fa, intorno a lei, molto più chiasso del necessario, perché ha qualche irrimediabile difetto: è donna, è giovane, è di gradevole aspetto e non si uniforma ai modelli che la vorrebbero schiva e in attesa di ricevere direttive per poi eseguirle. Le piacciono i rossetti chiassosi e non smette di usarli nonostante le grevi considerazioni di cui sono fatti oggetto e questo me la rende simpatica.

Non molla, non se ne va, come invece ha fatto il competentissimo suo precessore che al primo intoppo ha preso il suo ipertrofico ego e se l’è portato non si sa dove. Lui aveva le idee chiare sul da farsi. Ma siccome l’universo non gli ha apparecchiato la tavola esattamente come diceva lui si è alzato indispettito e ha portato altrove i suoi capricci. Lei resta e ogni giorno ci prova. Sta lì e fa quello che ritiene essere il suo dovere. Ora, una così, invece di essere coltivata come una perla rara, invece di ricevere aiuto e solidarietà da ogni singolo politico, insegnante e studente di questo paese, viene ricoperta di insulti quotidianamente. Certo, non ha esperienza e si è trovata in una situazione più grande di lei. Ma a me viene solo voglia di darle una mano, se la vuole, e nient’altro.

Le rotelle: incubo o sogno?

Se avete mai sentito una classe che si alza, come un sol uomo, al suono della campanella (possibilmente mentre voi state concludendo una frase)  i banchi con le rotelle vi sembreranno una desiderabile chimera. Ma soprattutto: se vi immaginate delle classi vive, in cui si debba lavorare in gruppo, spostare i banchi continuamente affinché si possano dinamizzare le relazioni vi chiederete come mai nessuno ci ha pensato prima.

Certo, io ho insegnato, quasi 35 fa, in una scuola media di quello che in allora era considerato “il Bronx” della città in cui vivo. Se immagino quelle classi – di 28-29 persone – alle prese con i banchi con le rotelle (con i quali puoi sfrecciare in un secondo fino al banco di quello più timido, dargli uno scappellotto e tornare al tuo posto mentre l’insegnante sta scrivendo alla lavagna il titolo di un libro che ritiene imperdibile) un po’ mi viene caldo.

Essere di meno, per imparare meglio

Ma se invece di 29 persone, fossero 15? Se fossero stati 15 anche alle elementari? Se si potesse lavorare con calma, con tutti, cercando di capire che giri fanno le nostre parole o quelle dei libri nei loro cervelli, in modo da impedire che quando leggono “i cattivi raccolti fecero alzare il prezzo delle derrate alimentari” attribuiscano la crisi economica europea di fine Ottocento all’azione di uomini malvagi (cattivi) che si erano appositamente riuniti (raccolti)?

Cerchiamo il meglio, offriamo il meglio

E se ci sono paesi in Europa in cui alcune cose funzionano meglio, non potremmo uniformare quel modello? Magari offrendo un pezzo della nostra esperienza a quel modello, portando a valore quel che da noi funziona? Se siamo, prima di tutto, cittadini europei, non dovremmo avere tutti gli stessi diritti e le stesse opportunità? Dove sta scritto che se nasci in qualche angolo sperduto di devastata periferia, o in mezzo alle montagne, puoi avere lo stesso livello di formazione degli altri solo se la tua famiglia decide di trasferirsi?

Europei si nasce, (prede dei) cialtroni si diventa

Un paese con un sistema formativo debole produce una società debole, facilmente ingannabile e deresponsabilizzata. La quale reagirà in modo scomposto nei momenti di emergenza e anche in quelli di non emergenza, diventando facile preda di qualunque cialtrone sappia far leva sul peggio: l’egoismo, l’inciviltà nelle sue mille forme. E che finirà per farsi del male, in un modo o nell’altro, perchè non saprà stare al mondo, che è esattamente quel che si va ad imparare a scuola.

Vorrei un’Europa unita a cominciare dalla scuola materna, che diventerà obbligatoria in Italia nel 2023, perché a tre anni siamo cittadini Europei da un pezzo (3 anni, per l’esattezza) e non possiamo permettere che quella cittadinanza si indebolisca proprio nei luoghi e nei processi nei quali, invece, dovrebbe costruirsi e sostanziarsi.

4 risposte a “Per una Politica Scolastica Europea”

  1. Cara Cinzia, che bello sentire qualche proposta in questi giorni in cui della scuola si parla solo di sedie e banchi.
    Trovo fondamentale qualunque tipo di tentativo costruttivo di approccio al mondo vario e meraviglioso, o oscuro, della scuola da parte di chi la scuola l’ha vissuta e la vive dal di dentro. Nella tua, come sempre piacevole, “chiacchierata” proponi l’ambizione ad una scuola migliorata e innalzata per essere equiparabile a quella di paesi più illuminati. Ti ringrazio. Ti assicuro che qui “giù” è una giungla. Scegliere la sezione giusta dell’istituto giusto può cambiare per sempre la vita di un bambino o viceversa.. per carità non tutto è scuola.. Non bisogna esagerare, ma per chi si fa le elementari al tempo pieno sono 8 ore al giorno.. e quest’anno scommetti sulla statale vicino casa, sul metodo Montessori, o sogni un vorrei ma non posso Staineriano, o magari la multiclasse, o il privato con insegnanti madrelingua finalmente, o le suore..? Intanto chi può permettersi il lusso di scegliere? Prossimità, servizi, orari.. e chi è in grado di farlo? Chi conosci che ti può aiutare nella scelta?.. Chissà se arriverà un tempo come quello di cui scrivi.. Intanto preparati perché nella chat di gruppo dei genitori potrebbero scatenarsi se il giudizio espresso in voti non tiene conto delle doti che solo gli acuti genitori possono cogliere o se i compiti sono troppi o sono troppo fuori dal seminato da loro immaginato (tanto per tornare al nostro caro tema della proprietà dei semi.. 😉 ).. E magari ti becchi il preside che per chetare gli animi di chi di scuola non dovrebbe occuparsi, ti sposta dalla sezione di tuo figlio l’unico insegnante che andava oltre ai voti, al programma, alla lezioncina obbligata, ma il “programma” lo faceva entrare nell’animo dei ragazzi con collegamenti multidisciplinari, o con stimoli e approcci che solo chi ama il suo “lavoro” può fare.. Mi piace l’idea delle pari opportunità per tutti. Ma siamo sicuri che tutti vogliano davvero lo stesso trattamento? Non tutti i genitori la pensano allo stesso modo. E purtroppo oggi tutti (indipendentemente da qualunque competenza) si permettono di giudicare. Ci sono anche gli schivi o i disinteressati, per carità, ma chi mi fa paura soprattutto sono gli altri. Forse con strategie didattiche differenti, insegnanti madrelingua per le lingue e docenti capaci di insegnare già andrebbe meglio sono d’accordo. Il lockdown è stato un momento epico in cui abbiamo visto come i diversi istituti, ma poi in realtà i diversi insegnanti hanno reagito al distanziamento sociale. Giustamente si ha la tendenza a pensare ad una riforma scolastica, beh…Forse bisognerebbe partire dal vedere cosa succede in una singola scuola o istituto multicomprensivo, se vuoi meglio analizzare le diverse età. Per me è stato illuminante (in modo devastante). Ogni classe ha deciso autonomamente cosa fare. La linea guida della dirigente c’era, ma non è servita a nulla. Ti basti sapere che siamo passati da classi con videolezioni quotidiane, a classi in cui le insegnanti (a parte assegnare compiti e argomenti nuovi) si sono fatte vedere giusto per i saluti finali perché altrimenti gli eventuali compagni senza un device tecnologico (smartphone con collegamento ad internet ad es) sarebbero rimasti indietro. Non so se sia giusto che elementari e medie siano così, mentre superiori con orientamento. Forse una scelta consapevole il genitore dovrebbe poterla fare prima dell’iscrizione anche alle elementari e medie per poi non intervenire più.. O le classi dovrebbero essere formate dopo analisi psico-socio attitudinali di bambini e genitori 🙂 Non so.. Diventerebbe una scuola meno inclusiva forse.. Magari è meglio che ci si mischi perché dalle diversità nasce un confronto e il proprio io si afferma? Sono curiosa di capire l’approccio di altri paesi. Grazie ancora per la “chiacchierata”.

    1. Grazie Annalisa,
      rendi bene il senso di spaesamento che un qualunque genitore consapevole prova sia nel momento di prendere decisioni sia nella gestione del quotidiano e delle relazioni con la scuola come istituzione, i figli, gli altri genitori, i docenti… Dici bene, è una giungla, e mi piacerebbe che si iniziassero a finanziare esplorazioni per poterla mappare, e scoprire quanto potrebbe essere bella.

  2. barbara auleta dice: Rispondi

    Grazie Cinzia, anche per aver ribaltato il tormentone che ci vede tutti accaniti contro la Ministra dell’istruzione. E’ vero, hai ragione: Fioramonti avrebbe dovuto resistere per dire e fare cose buone. E se proprio Azzolina non ci soddisfa, invece di canzonarla per il rossetto pacchiano (e sì, fa proprio bene a tenerlo, come dici), tiriamo fuori le genialate che ci teniamo nascoste nel cassetto, se veramente ci sono. Ma più di tutto condivido la necessità di un ragionamento collettivo: oltre agli scambi commerciali, mettere a fattor comune tutto quello di buono che c’è in Europa dovrebbe essere la priorità.
    E invece…

    1. Grazie Barbara,
      io sono fiduciosa. Il ragionamento collettivo va iniziato e inizierà. Speriamo in bene e nel frattempo, trucchiamoci come ci pare (a proposito, il rossetto della foto… è mio!).

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