Caro dottor Colao,
se lei fosse un mio allievo le consiglierei, con dispiacere, di non consegnare la tesi e rinunciare a laurearsi in questa sessione.
Le consiglierei di centrare meglio l’obiettivo della sua ricerca, di riflettere sul titolo che lei stesso ha depositato, perché secondo me non l’ha capito bene.
A dirla tutta, il titolo glielo ha dato il Premier e quindi le consiglierei di farsi ancora una chiacchieratina con chi l’ha assunta e messa in un ruolo così delicato: tracciare le linee guida e le priorità per la ripartenza di questo Paese.
Le scienze del futuro
Il lavoro che lei ha prodotto non risponde a nessuna delle domande chiave che in questi mesi tutti noi ci siamo posti. Noi poveri cristi qualsiasi, che abbiamo cercato di continuare a fare al meglio il nostro mestiere e che abbiamo approfittato di questa occasione per pensare un po’ di più al nostro futuro.
Vede, le scienze del futuro sono relativamente nuove e molto interessanti. Ci insegnano almeno un paio di cose importanti: la prima è che, anche se sembra una cosa strana da dire, il futuro modifica il presente. Avere un piano, avere un progetto significa mettere in discussione quello che si sta facendo e cambiarlo, subito, adesso. Pensare al futuro, seriamente, modifica il presente. L’abbiamo capito tutti, in questi giorni, qui nella vita vera. Lì da voi, su Second Life, non se ne parlava?
L’altra cosa che ci insegnano le scienze del futuro è che le previsioni o le proiezioni, che pure servono, non bastano se non si mettono in atto i comportamenti anticipatori, che sono quelli che ci proteggono o quantomeno ci consentono di gestire il rischio. Posso sapere che pioverà oggi o domani e posso sapere anche con quale percentuale di probabilità. Ma la cosa importante che devo fare, se esco, è portare con me un ombrello, altrimenti quell’informazione non mi sarà servita a un cavolo. Certo, se l’informazione, o addirittura la pioggia, arriva con poco preavviso, e io non ho un ombrello, magari quella volta lì resterò a casa. Ma per la prossima volta mi dovrò attrezzare.
Manca la mappa degli errori
Alla prossima pandemia (che arriverà, le previsioni già ci sono, possiamo passare oltre) mica possiamo ritrovarci in questo casino un’altra volta. Mica ci può dire che ora ricominciamo tutto come prima e poi se ricapita basta stare in casa.
Per questo Conte l’aveva chiamata, perché gli dicesse come preparare l’ombrello. A che pensava quando Conte le parlava? Alle vignette di Altan? A leggere le sue schede parrebbe di sì.
Le avevano anche facilitato il compito: non le avevano chiesto, per esempio, di spiegare perché il Coronavirus ha fatto così tanti danni, come mai una delle prime 7 economie del mondo è andata a gambe all’aria per 3 mesi di inattività. Non glielo avevano chiesto, ma se la tua fosse stata una tesi, e se fossi stata la sua relatrice, io invece le avrei detto che una parte iniziale in cui illustrare gli elementi di debolezza connaturati al sistema economico dominante ci sarebbe stata bene. Le avrei detto: scriva un capitolo introduttivo, se no non si capisce come mai bisogna prendere tutti questi provvedimenti. I lettori hanno il diritto di capire. Si figuri se non ce l’hanno i cittadini.
Sì, le avrei chiesto di fare una premessa, una mappa degli errori. Una mappa in cui parlasse di come questo Paese ha colpevolmente e avidamente devastato la sua sanità pubblica, la sanità di territorio, di come ha indebolito la ricerca, di come non ha supportato la scuola, di come non si è curato della qualità della vita fuori dai centri abitati. Per la verità nemmeno dentro. Mi aspettavo una mappa delle disuguaglianze, delle disparità di genere. Perchè le disparità di genere sono debolezze per tutti, lo sa? Glielo hanno spiegato alla Bocconi? No? Strano. Nemmeno ad Harvard? No? Mi sa che Conte pensava di sì.
Serve cultura politica
Mi aspettavo, anche, che vi fosse chiaro che voi tecnici stavate lavorando per la politica, e visto che lavorare per la politica, in democrazia, significa occuparsi del bene di tutti e non del profitto di qualcuno, mi aspettavo, pensi un po’, una critica al sistema del profitto e una difesa dei beni comuni. Cosa fa, dott. Colao, ride? Rida pure, ha ragione, tanto io non la posso bocciare.
Però, veda, il punto è questo: quando uno fa l’imprenditore e basta, può pensare al suo interesse, a quello della sua azienda e non occuparsi del quadro generale. Non dico che sia una cosa intelligente, ma se uno vuole lavorare come se non avesse mai aperto un libro in vita sua, come se il resto dell’universo fosse lì per servirlo, affari suoi.
Se però uno va a fare “quello che ne sa” in un comitato tecnico che deve risollevare le sorti di un Paese, e non ha idea di cosa sia la politica, è meglio che declini l’invito. Perché la politica ha bisogno di tecnici che abbiano idea di cosa sia la politica. Di bravi manager è pieno il mondo, ma se non hanno cultura politica non sappiamo cosa farcene, davvero.
Che fine ha fatto l’agricoltura?
Le avevano chiesto di dire cosa bisogna fare, di cosa bisogna occuparsi, subito, e come.
Quando mi son ritrovata quelle schede tra le mani sono corsa a leggere l’indice (l’indice è il biglietto da visita di una tesi, lo dicevano anche a lei? È il genere di perle con cui sfinisco i miei allievi). La mappa iniziale è bella, molto ben fatta, serve a chiarire subito il perimetro dell’indagine. E a capire anche cosa nell’indagine proprio non ha avuto ruolo. L’agricoltura per esempio. Che fine ha fatto? Cosa pensa che sia, da economista, l’agricoltura? Quella roba che serve a far arrivare i cetrioli nel gin&tonic?
Inoltre, dottor Colao, in questo tipo di lavori ci deve essere un po’ di equilibrio. Non vale scrivere nei minimi dettagli una parte solo perché è quella che più piace e interessa (e dunque imprese e poi le tasse per le imprese e poi gli incentivi per le imprese e i condoni per le tasse e ancora le imprese e i soldi e le tasse) e poi tirar giù alla brutto dio le parti che ci annoiano. Perché al di là dell’essere o no d’accordo con quello che scrivete su tutta la parte che riguarda i soldi e le imprese e le tasse, resta il fatto che le altre parti quelle “sociali” come le chiamate voi, sembrano scritte scopiazzando male le dichiarazioni delle Miss appena elette: viva la pace nel mondo e abbasso la cellulite.
I fini sociali dell’impresa privata
Dottor Colao, quando il sistema del profitto privato fallisce nella protezione del sistema paese, bisogna ammettere che l’unica strada da cui passare è quella di un saggio, coraggioso, lungimirante e moderno intervento del pubblico. La ricerca pubblica, la scuola pubblica, la sanità pubblica, la difesa dei beni comuni (terra, aria, acqua e salute) fatta anche attraverso l’agricoltura deve comportare una relazione equilibrata dello Stato con il capitale privato. E l’impresa privata deve imparare a fare il suo mestiere. Magari iniziando a rileggersi l’articolo 41 della Costituzione. Se lo ricorda? No? Guardi, non si affatichi, glielo scrivo qui:
«L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
Ecco, dottor Colao, se lei fosse un mio allievo alle prese con la tesi, le suggerirei di mettere l’articolo 41 come epigrafe. Perché, anche se nella copertina del vostro lavoro vi presentate come “Comitato di esperti in materia economica e sociale” ho come la sensazione che questa faccenda dell’utilità sociale, dei fini sociali di cui parla la Costituzione l’abbiate un po’ lisciata.
Noi invece, qui sul pianeta Terra, ce l’abbiamo abbastanza chiara. Se serve qualche ripetizione, venga fuori da quel tablet, così ne parliamo.
Assolutamente condivisibile nel merito e nell’ironia.
Grazie, Famiano!
Bellissimo, assolutamente condivisibile e lo posto subito!
Grazie!
Brava Cinzia! Ci manchi. Lucio
Grazie Lucio. E sono sempre qui, “a disposizione”. Un abbraccio.
[…] docente dell’Università di Scienze gastronomiche, che qualche giorno fa sul suo blog (www.blog.cinziascaffidi.com) e poi su il manifesto ben inquadra le lacune del piano di supposto rilancio del […]
grazie!
Semplicemente bella la risposta a Colao e a tutti i suoi esperti. Da un pò di tempo che non leggevo questa sottile ironia ricca di contenuti e proposte. Purtroppo questi grandi finanzieri pensano ai massimi sistemi…non credo che questi signori si siano mia sporcati le mani e capire il significato del lavoro dell’agricoltura, e di tutto il mondo che ruota intorno all’agricoltura. Condivido su FB. Complimenti davvero…
Grazie!
Magnifico, arguto, intelligente, soprattutto vero!
Ho segnalato “Riprovi…” al sito Nuovo e Utile di Annamaria Testa https://nuovoeutile.it/
Grazie!